Cosa è il “principio di trasparenza”?
E’ principio generale del nostro ordinamento giuridico inerente l’attività amministrativa. Di esso è garantita la effettività con la previsione di determinati strumenti messi a disposizione di ciascun cittadino, singolo o associato. La garanzia di trasparenza opera sia, naturalmente, mediante la previsione dell’obbligo di pubblicazione di determinati atti e documenti (che sono la maggior parte), sia fornendo lo strumento del c.d. diritto di accesso, previsto proprio per i casi in cui non sussiste l’obbligo di pubblicazione.
Con la entrata in vigore del c.d. FOIA (dall’istituto del “Freedom of Information Act”, creato negli anni ’70 negli Stati Uniti), ad opera della modifica effettuata da Dlgs97/2016 sul Dlgs33/2016, è stato introdotto il c.d. “accesso civico generalizzato”, esercitabile verso dati e documenti ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria.
Resta comunque in vigore l’intera disciplina del diritto di accesso ex artt.22 e seguenti della L241/90, ora definito accesso “documentale” per distinguerlo dall’accesso “civico” e “civico generalizzato”, di cui rispettivamente al comma 1 e comma 2 art.5 LDgs33/2013 come modificato dal Dlgs97/2016. LA differenza tra accesso “documentale” e accesso “civico generalizzato” non è di facile individuazione. Può dirsi in via del tutto indicativa che una distinzione possa essere effettuata in base alla natura dei documenti oggetto della domanda, e in riferimento alle finalità perseguite dal richiedente, singolo o associato.
AVVERTENZA: qualora nella risposta alle seguenti FAQ non si effettui distinzione tra tipologie di accesso, resta inteso che la risposta medesima si riferisce a tutte le tipologie di accesso.
Cosa si intende per “documento amministrativo”?
La definizione è a tutt’oggi fornita dalla lett. d) comma 1 art. 22 della legge n.241/1990, per la quale è documento amministrativo “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”.
Perché un documento possa essere definito “amministrativo”, occorrono tutte e due le condizioni previste dalla norma sopra descritta, ossia:
-che il documento sia in possesso di una pubblica amministrazione, di aziende autonome e speciali, di enti pubblici e gestori di pubblico servizio (es. energia, fornitura idrica, comunicazioni ecc.), in forza della estensione operata dall’art. 23 della legge citata;
-che sia relativo ad attività di pubblico interesse, “indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”: ciò significa che, se relativo ad attività di pubblico interesse e in possesso di una PA, può esser considerato documento amministrativo anche un contratto, e comunque un qualsiasi atto di diritto privato.
Inoltre la nozione di documento amministrativo comprende un qualsiasi atto, anche interno (es, comunicazione tra uffici), e non inserito in uno specifico procedimento.
Posso accedere solo ai documenti amministrativi, o anche ai dati e informazioni in possesso della PA?
L’istituto dell’accesso “civico generalizzato” ha per oggetto non solo documenti amministrativi, ma anche dati e informazioni, purchè già in possesso della PA (nel senso che essa non è tenuta a raccogliere informazioni non in suo possesso per rispondere alla istanza), così come essi sono già detenuti, organizzati, gestiti e fruiti.
Per esaminare un documento amministrativo, è sempre necessario esercitare il diritto di accesso?
No, per determinati documenti amministrativi a contenuto generale, ad esempio i regolamenti comunali, è previsto l’obbligo di pubblicazione, ad oggi, sul sito web dell’ente.
Cosa è l’”accesso civico”? Chi può farlo valere? Come si esercita?
E’ il diritto di chiunque di richiedere i documenti amministrativi, informazioni o dati, che la Pubblica Amministrazione deve per legge pubblicare, qualora non abbia ottemperato a tale obbligo. Si esercita facendone richiesta alla amministrazione, la quale entro trenta giorni deve pubblicare il documento, la informazione o il dato. Contemporaneamente la PA deve comunicare al richiedente dove può reperire l’oggetto della sua domanda, indicandogli il collegamento ipertestuale.
Cosa è l’”accesso civico generalizzato”? Chi può farlo valere? Come si esercita?
La domanda di accesso civico generalizzato può essere presentata da chiunque, e riguarda documenti amministrativi, informazioni o dati in possesso della PA ulteriori rispetto a quelli per i quali è previsto l’obbligo di pubblicazione. Non occorre possedere, né dimostrare, una specifica legittimazione soggettiva, ossia una motivazione ad accedere. L’accesso civico generalizzato è infatti stato istituito “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico…” (v. comma 2 art.5 Dlgs33/2013 testo vigente) e “nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis”, il quale individua le esclusioni e i limiti (a tutela di interessi pubblici e privati) del nuovo istituto. Si esercita facendone richiesta alla amministrazione, la quale deve comunicare la domanda agli eventuali controinteressati, che hanno 10 giorni per fare eventuale opposizione. La PA ha 30 giorni per rispondere alla domanda di accesso, termine che resta sospeso in caso di comunicazione al controinteressato.
Cosa è il “diritto di accesso documentale”? Chi può farlo valere? Come si esercita?
Il diritto di accesso documentale (così definito per distinguerlo dall’accesso civico generalizzato) è un vero e proprio diritto soggettivo che, in presenza di determinati requisiti, il soggetto acquisisce, e che dà facoltà di prendere visione ed estrarre copia dei documenti amministrativi, ex artt.22 e seguenti della L241/90. Esso è esercitabile da soggetto singolo o associato che sia titolare di situazione giuridicamente tutelata e collegata alla documentazione oggetto della domanda di accesso. Si esercita facendone richiesta alla amministrazione, la quale deve comunicare la domanda agli eventuali controinteressati, che hanno 10 giorni per fare eventuale opposizione. La PA ha 30 giorni per rispondere alla domanda di accesso, termine che resta sospeso in caso di comunicazione al controinteressato.
Che differenza c’è tra “accesso civico generalizzato” e “diritto di accesso alla documentazione amministrativa”?
L’accesso civico generalizzato è esercitabile da chiunque, senza che ci sia necessità di motivare la domanda, e ne possono essere oggetto non solo i documenti, ma anche le informazioni e dati in possesso della PA. Oggetto del diritto di accesso documentale sono solo i documenti amministrativi. Il diritto di accesso alla documentazione amministrativa è esercitabile da soggetto che abbia un interesse diretto, concreto e attuale alla tutela di situazioni giuridicamente rilevante al medesimo ascrivibile. Può esercitarlo, quindi, colui nei cui confronti il provvedimento o l'atto amministrativo produce effetti, anche indiretti ed eventuali, che però siano in qualche modo significativi da un punto di vista giuridico.
Non è semplice determinare i diversi ambiti di applicazione dell’uno o dell’altro istituto. Le Linee Guida ANAC di cui alla delibera n.1309/2016 ci forniscono un qualche aiuto, stabilendo in sintesi che “tenere ben distinte le due fattispecie è essenziale per calibrare i diversi interessi in gioco allorché si renda necessario un bilanciamento caso per caso tra tali interessi. Tale bilanciamento è, infatti, ben diverso nel caso dell’accesso 241 dove la tutela può consentire un accesso più in profondità a dati pertinenti e nel caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità (se del caso, in relazione all’operatività dei limiti) ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità (e diffusione) di dati, documenti e informazioni”. Poiché l’ordinamento è “ormai decisamente improntato ad una netta preferenza per la trasparenza dell’attività amministrativa, la conoscibilità generalizzata degli atti diviene la regola, temperata solo dalla previsione di eccezioni poste a tutela di interessi (pubblici e privati) che possono essere lesi/pregiudicati dalla rivelazione di certe informazioni. Vi saranno dunque ipotesi residuali in cui sarà possibile, ove titolari di una situazione giuridica qualificata, accedere ad atti e documenti per i quali è invece negato l’accesso generalizzato”. Accanto a tale criterio di distinzione, recente giurisprudenza ha specificato che, per quanto nell’accesso generalizzato la legge non richieda l'esplicitazione della motivazione della richiesta di accesso, deve intendersi implicita la rispondenza della stessa al soddisfacimento di un interesse che presenti una valenza pubblica, e non resti confinato ad un bisogno conoscitivo esclusivamente privato, individuale, egoistico o peggio emulativo che, lungi dal favorire la consapevole partecipazione del cittadino al dibattito pubblico, rischierebbe di compromettere le stesse istanze alla base dell'introduzione dell'istituto facendone un mero duplicato dell’accesso documentale.
Quale deve essere l’oggetto del diritto di accesso?
Sia la richiesta di accesso generalizzato, che di accesso documentale, devono identificare i documenti e i dati richiesti. Ciò significa che la richiesta indica i documenti o i dati richiesti, ovvero che la richiesta consente all’amministrazione di identificare agevolmente i documenti o i dati richiesti. Devono essere ritenute inammissibili le richieste formulate in modo così vago da non permettere all’amministrazione di identificare i documenti o le informazioni richieste. In questi casi, l’amministrazione destinataria della domanda dovrebbe chiedere di precisare l’oggetto della richiesta.
L’accesso “civico generalizzato” ha per oggetto non solo documenti amministrativi, ma anche dati e informazioni, purchè già in possesso della PA (nel senso che essa non è tenuta a raccogliere informazioni non in suo possesso per rispondere alla istanza), così come essi sono già detenuti, organizzati, gestiti e fruiti.
Oggetto del diritto di accesso “documentale” sono i documenti esistenti presso una PA al momento della domanda, sia nel caso che siano stati formati dalla PA medesima, sia che questa li detenga stabilmente. Non possono formare oggetto della richiesta le informazioni che non abbiano forma di documento, né si può chiedere alla PA di redigere atti apposta per soddisfare le istanze di accesso.
E’ possibile accedere a tutti i documenti, dati e informazioni?
Il principio generale è la accessibilità dei dati e documenti. Le esclusioni e i limiti sono tassativi, e solo descritti per l’accesso civico generalizzato (a tutela di interessi pubblici e privati) nell’art.5bis Dlgs33/2013.
Per l’accesso documentale, non è possibile accedere ai documenti che rientrano in una delle categorie elencate dall'art. 24 della legge n.241/90 (e successive modifiche ei integrazioni), categorie che le singole Amministrazioni individuano con appositi regolamenti. Tali regolamenti non debbono porre limitazioni ulteriori rispetto alla legge.
Il diritto di accesso può doversi “scontrare” col diritto alla riservatezza di eventuali controinteressati. In tali casi, la legge prevede una procedura di tutela di questi ultimi. A decidere quale delle due posizioni contrapposte debba prevalere nel caso concreto, è sempre e solo la PA procedente.
In ogni modo, anche nei casi di c.d. ”esclusione” dell’accesso, qualora il richiedente dimostri adeguatamente la necessità del documento per la tutela della propria sfera giuridica, la PA deve consentire l’accesso.
Come deve essere formulata la domanda di accesso?
La domanda di accesso deve contenere la indicazione delle generalità del richiedente e i suoi recapiti, una sommaria indicazione della motivazione della richiesta, e del documento che ne è oggetto, o di elementi che ne consentano la individuazione (v. FAQ “Quale deve essere l’oggetto del diritto di accesso?”).
La domanda può essere formulata anche oralmente (accesso informale), e soddisfatta immediatamente.
Tuttavia, qualora la PA rilevi una necessità di effettuare una ricerca del documento, o abbia dubbi sulla sussistenza dell’interesse, o rilevi la presenza di controinteressati, deve far redigere all’interessato domanda di accesso formale, anche tramite apposito modulo prestampato.
Qual è l’ambito soggettivo di applicazione del diritto di accesso?
Il diritto di accesso generalizzato si applica:
1) a tutte le amministrazioni pubbliche, come esemplificate all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, ivi comprese le autorità portuali, nonché le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione
2) agli enti pubblici economici e ordini professionali;
3) alle società in controllo pubblico come definite dal decreto legislativo emanato in attuazione dell’art. 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (d.lgs. 175/2016 c.d. Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica);
4) alle associazioni, fondazioni e enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni;
Il diritto di accesso generalizzato si applica, limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all'attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea, anche:
1) alle società in sola partecipazione pubblica come definite dal decreto legislativo emanato in attuazione dell’art. 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (d.lgs. 175/2016 c.d. Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica);
2) alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici.
Il diritto di accesso documentale si applica a tutte le PPAA e ai gestori di servizi pubblici.
A quale ufficio va presentata domanda di accesso?
La richiesta di accesso può essere presentata, alternativamente:
1) all'ufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti;
2) all'Ufficio relazioni con il pubblico;
3) ad altro ufficio, che l'amministrazione abbia indicato nella sezione "Amministrazione trasparente" – “Altri contenuti –Accesso civico” del sito istituzionale.
Come si esercita in pratica il diritto di accesso?
Il richiedente può visionare ed estrarre copia dei documenti. L'esame degli atti è gratuito, mentre il rilascio di copia degli stessi è subordinato al rimborso dei costi di riproduzione. Agli enti locali è lasciata facoltà di determinare degli eventuali diritti di ricerca e visura.
Entro quanto tempo la PA deve rispondere alla domanda di accesso?
Se non diversamente stabilito dalla legge, o determinato espressamente dalla PA in questione, il procedimento deve concludersi nel termine di trenta giorni a decorrere dalla data di presentazione della richiesta. Trascorso detto termine senza risposta, la richiesta si intende rifiutata. Entro detto termine, la PA può concedere l’accesso, o pronunciare un diniego espresso.
Cosa si può fare se l’Amministrazione ha comunicato il diniego, o non ha risposto entro il termine?
Accesso civico/civico generalizzato: in caso di diniego totale o parziale dell’accesso o di mancata risposta entro il termine indicato dal comma 6 del d. lgs. n. 33/2013, il richiedente può presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni.
In alternativa, laddove si tratti di atti delle amministrazioni delle regioni o degli enti locali, il richiedente può presentare ricorso al difensore civico competente per ambito territoriale (qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente, per l’ambito territoriale immediatamente superiore, se presente). In tal caso, il ricorso deve comunque essere notificato anche all’amministrazione interessata. È previsto che il difensore civico si pronunci entro trenta giorni dalla presentazione del ricorso e che se il difensore civico ritiene illegittimo il diniego o il differimento, ne debba informare il richiedente e comunicarlo all’amministrazione competente. Se questa non conferma il diniego o il differimento entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico, l’accesso è consentito.
In ogni caso, a fronte del rifiuto espresso, del differimento o dell’inerzia dell’amministrazione, il richiedente può attivare la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo, ai sensi dell'articolo 116 del Codice del processo amministrativo.
Accesso documentale: entro trenta giorni dalla comunicazione del diniego, o dallo spirare del termine entro il quale la PA avrebbe dovuto rispondere, si può fare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale. In alternativa, si può presentare istanza di riesame alla Commissione per l’Accesso ai Documenti Amministrativi o al Difensore civico, a seconda della competenza. In questi casi, il termine per ricorrere al TAR si sospende, e ridecorre dalla comunicazione dell’esito della istanza effettuata alla Commissione o al Difensore civico. In tal modo, la legge consente a chi ha scelto la via alternativa di poter ancora effettuare il ricorso al TAR in caso di reiterata mancata soddisfazione del diritto di accesso. Viceversa, se si sceglie subito la via giurisdizionale, non si può poi ricorrere agli organismi citati.
Quando si deve ricorrere alla Commissione per l’Accesso ai Documenti Amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri?
SOLO in caso di accesso documentale, quando il provvedimento, espresso o tacito (silenzio-rifiuto) che limita l’accesso è emesso da una autorità amministrativa statale, centrale o periferica.
Nei casi in cui è previsto, come si capisce a quale Difensore civico ci si deve rivolgere?
Ci si deve rivolgere al Difensore civico istituito presso l’ente che ha emesso il provvedimento limitativo dell’accesso. Qualora tale ente sia sprovvisto dell’organo, ci si deve rivolgere al Difensore civico istituito nell’ambito territoriale immediatamente superiore. Così, se ad esempio il provvedimento lamentato è stato emesso da un Comune in cui non c’è Difesa civica, la richiesta di riesame va presentata al Difensore civico provinciale o comprensoriale. Se neanche in Provincia esiste Difesa civica operante, il ricorso va fatto al Difensore civico regionale.
In caso di accesso documentale, quale contenuto deve avere il ricorso alla Commissione per l’Accesso, e in che modo lo si deve trasmettere?
Il ricorso alla Commissione deve contenere le generalità del richiedente, la elezione di domicilio, la sommaria esposizione dei fatti, e a esso deve essere allegata copia del provvedimento di diniego, o della domanda di accesso nel caso di silenzio-rifiuto. Inoltre, deve contenere la prova della avvenuta notifica del ricorso medesimo ad almeno uno dei controinteressati. Il ricorso deve essere trasmesso tramite racc. a.r. o PEC.
Quale contenuto deve avere il ricorso al Difensore civico? Esistono particolari formalità per la sua redazione e trasmissione?
Il ricorso alla Difesa civica non è legato a particolari formalità, né sono previste speciali modalità per la sua trasmissione. La richiesta di riesame del provvedimento limitativo dell’accesso può essere effettuata anche oralmente, a condizione che, ai fini istruttori, si faccia avere all’ufficio una copia del provvedimento di diniego, o della domanda di accesso nel caso di silenzio-rifiuto.
Per attivare il procedimento di riesame alla Commissione per l’Accesso o al Difensore civico, devo avvalermi della assistenza di un avvocato?
No, il ricorso può ben essere fatto dagli interessati personalmente e, almeno per quanto riguarda la Difesa civica, addirittura oralmente, rendendosi disponibili alla integrazione documentale al fine di una migliore istruzione della pratica.
Sono un Consigliere comunale. Posso rivolgermi al Difensore civico per far valere il mio diritto di accesso agli atti e alle informazioni in possesso dell’Ente al quale appartengo?
Qualora un consigliere comunale (o provinciale, dice attualmente il TUEELL, ma la norma andrà modificata in forza della creazione della Città Metropolitana) incontri difficoltà nel far valere il proprio diritto di accesso agli atti e alle informazioni in possesso dell’amministrazione di appartenenza, può senz’altro avvalersi della assistenza della difesa civica di riferimento, ossia la difesa civica locale se presente, o la difesa civica regionale in caso l’ente sia sprovvisto del servizio.
Com’è noto, il diritto di accesso dei Consiglieri comunali/provinciali descritto dall’art. 43 comma 2 del TUEELL: “I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all' espletamento del proprio mandato…”, è interpretato dalla giurisprudenza ormai unanime come qualitativamente diverso rispetto al diritto di accesso dei comuni cittadini singoli o associati descritto dagli artt..22 e seguenti della L241/90 (e successive modifiche e integrazioni). Infatti il diritto di accesso dei consiglieri è riconosciuto pressochè senza limiti, poiché correlato all’ottenimento di strumenti indispensabili all’esercizio del mandato, ed è pertanto stato esteso anche al fine dell’esercizio di quel “controllo generalizzato” sull’attività amministrativa che, invece, non può essere il fine del diritto di accesso dei cittadini. Altra caratteristica che differenzia il diritto di accesso dei consiglieri da quello dei comuni cittadini, è che il primo è esteso espressamente dalla legge alle informazioni, mentre per i secondi il comma 4 art. 22 L241/90 dispone che “Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo”.
Sono un Consigliere comunale. Posso rivolgermi al Difensore civico in caso di mancata risposta alle mie interrogazioni?
“Il sindaco o il presidente della provincia o gli assessori da essi delegati rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo presentata dai consiglieri”, dice il comma 3 art.43 del TUEELL. In caso di mancata risposta nel termine di legge, il Difensore civico può intervenire.
Sono un Consigliere regionale. In che termini posso esercitare il diritto di accesso nei confronti della Regione?
Le prerogative dei Consiglieri sono descritte all’art.9 dello Statuto, che prevede il più ampio diritto di accesso agli atti, non solo nei confronti degli uffici regionali ed enti e aziende dipendenti, ma anche nei confronti di altri enti pubblici nonchè privati, per ottenere informazioni utili all’espletamento del mandato.
Sono un cittadino, singolo o associato. Esiste una disciplina specifica per esercitare l’accesso agli atti nei confronti del Consiglio regionale?
Con la Delibera n.84 del 25 novembre 2011, l’Ufficio di Presidenza ha varato un Disciplinare – parte integrante della delibera medesima – che regola il diritto di accesso agli atti del Consiglio regionale. Da notare che, in difformità della disciplina nazionale, il diritto si può esercitare anche agli atti inerenti al provvedimento legislativo e di approvazione degli atti di programmazione (art. 2 comma 3 del Disciplinare).